L’incontro tra Francesco d’Assisi e il Sultano d’Egitto Malik al-Kamil, in piena crociata, rappresenta, ancora oggi, uno degli avvenimenti di grande valore simbolico sia per i cristiani che per i musulmani, nonché una straordinaria testimonianza nella storia del dialogo tra l’Islam e il Cristianesimo.
Francesco d’Assisi aveva già tentato per due volte di andare dai musulmani. Solamente dopo la partenza al momento più cruciale della Quinta Crociata, bandita dal Concilio Lateranense, riuscì incontrare il Sultano, a Damietta (città sul Delta del Nilo), nel settembre del 1219.
Secondo alcuni storici, Francesco, partito senza armi e credendo nella forza dell’amore, non voleva ottenere la conversione, bensì la pace, affinchè in Gerusalemme regnasse la libertà di passaggio per i pellegrini, in cambio del ritiro dei crociati dall’Egitto. Sin dagli inizi egli sostenne, con i suoi compagni, la necessità delle trattative di pace. Quindi, nell’impresa di Francesco si può trovare la ricerca della pace attraverso il confronto dialogico, ed è proprio questa la tesi che sposa la sottoscritta.
Importante anche sottolineare che Francesco condusse il suo discorso tenendo conto della sensibilità religiosa del suo interlocutore.
“Quando parlava di Gesù e della beata Trinità suscitava rispetto, non odio; eppure, il contenuto della fede cristiana secondo il Poverello era in flagrante contraddizione con ciò che il Corano diceva del profeta Aissa ibn Mariam.” (Jeusset, 1996)
Dall’altra parte Malil al-Kamil accolse Francesco, che si presentò dicendo di essere inviato da Dio, con cortesia e senso di eccezionale ospitalità. Si dice che ascoltò Francesco per parecchi giorni e con molta attenzione, mentre predicava Cristo davanti a lui. Si possono già sottolineare gli apetti più importanti del dialogo tra Francesco e il Sultano: l’ospitalità, l’accoglienza, la cortesia, la comprensione reciproca, l’ascolto…tutti fattori importanti per un dialogo autentico.
Francesco rimase stupefatto non solo dall’accoglienza amichevole del Sultano, ma anche dal fatto che nella corte del sultano Malik-al-Kamil c’erano 5000 cristiani, e operatori commerciali europei. Mentre il papa di allora aveva lanciato la scomunica per i cristiani che commerciavano coi musulmani, Malik-al-Kamil era invece aperto, tanto che propose a Franceco dei doni, affinchè li distribuisse ai cristiani poveri e alle chiese. Ancora una volta si vede la testimonianza di un’apertura e di una comprensione inconcepibili per quei tempi. L’apertura del Sultano del resto trova il proprio fondamento nel Sacro Corano che così recita:
“Dialogate con belle maniere con la gente della Scrittura, eccetto quelli di loro che sono ingiusti.” (Corano XXIX/ 46)
Tenendo conto del fatto che il livello dei rapporti tra la comunità cristiana e quella musulmana del tempo non avrebbe mai permesso un tale dialogo, l’incontro tra questi due uomini è un fatto straordinario per il tentativo di dialogo interreligioso e suggerisce importanti spunti per i nostri giorni in un mondo ormai ridottosi in un piccolo villaggio globale, che abbisogna più che mai della convivenza pacifica tra le diversità.
Francesco al suo ritorno in patria scrisse nelle prima stesura della Regola del suo Ordine, il capitolo 16, in cui istruisce i frati su come comportarsi per poter instaurare il dialogo con i musulmani.
“Dopo la visita al sultano Francesco scrisse, nella Regola del 1221, che i frati desiderosi di vivere tra i musulmani dovevano evitare ogni lite o disputa, ogni forma di apologetica, lo spirito di controversia, la volontà di vincere nella discussione e qualunque forma di ricerca del potere; al contrario, ha chiesto ai frati […] di essere consueti, pacifici, modesti, mansueti, umili.” (Jeusset, 1996)
Ma le direttive, avanti per il tempo, vennero rifiutate dal Papa che impose una censura, costringendo Francesco ad eliminare il capitolo in parola.
I frati, partiti con una visione negativa dell’islam, scoprono che il saraceno è prossimo, che l’islam non è un’eresia del cristianesimo.
“Francesco scopre che aveva come interlocutori uomini come lui, creature di Dio, pertanto suoi fratelli, anche per la comunione nella preghiera al Dio unico.” (Jeusset, 1996)
L’incontro, storico e significativo, tra il mendicante cristiano e il Sultano rappresenta il percorso per una scoperta reciproca, uno degli esempi più simbolici nella costruzione di ponti di tra la comunità cristiana e quella musulmana. L’apertura ai nuovi orizzonti di questi due grandi uomini di buona volontà, esempi che cercano la pace del cuore e il bene dell’umanità, fornisce risposte straordinarie alle esigenze odierne di solidarietà, di convivenza pacifica, di dialogo e della necessità di far cadere i pregiudizi e gli stereotipi tra le diverse fedi,
Concludiamo con le parole di Giovanni Paolo II, dette il 28 settembre 1986:
“Le nostre differenze sono numerose e profonde; sono state spesso, in passato, cause di scontri dolorosi. La comune fede in Dio ha un valore fondamentale: facendoci riconoscere ogni persona come creatura di Dio, essa ci fa scoprire la fraternità universale.”
by Essenza